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Bruno La Pietra - A Mauro Rea

A MAURO REA 
di Bruno La Pietra


Mauro Rea fotografato da Donato Di Poce

A Mauro Rea sono legato da dati anagrafici e geografici. In effetti abbiamo vissuto lo stesso contesto materiale
e culturale, quello che poteva offrire, ai nati nel 1959 e nel 1960, una città di provincia del Lazio più periferico.
Ognuno con la propria sensibilità e passionalità ci siamo calati nelle atmosfere aggreganti ed artistiche della città,
lui in maniera profonda e viscerale, da artista, io con interesse e attenzione , ma da "turista sociale".
Ognuno libero e condizionato dalle libertà e dalle costrizioni sociali.
Ognuno nel dedalo delle scelte e delle non scelte.
Evidente e struggente quindi il divario ormai incolmabile delle due esperienze e la mia attuale curiosità nell'analizzare i percorsi e le finalità raggiunte. 

Altrettanto palese la mia ammirazione per la sua esperienza personale ed espressiva, conseguita senza risparmio emotivo, senza opportunismi accademici o sociali. Una prassi di vita non di clichè, dura quanto richiede una riflessione psicologica profonda non soltanto sull'arte ma sulle sue finalità, e su quelle ancor più drammatiche dell'esistere. Oggi ci ritroviamo, a 50 anni, io assessore alla cultura e lui artista. Io a voler organizzare una sua esposizione, in fondo anche per recuperare un discorso generazionale mai iniziato, e lui a lavorare per testimoniare la valenza della sua esperienza. 
Ci ritroviamo ad offrire alla Sora che "comunque" ci ha allattati, una maniera diversa di essere uomo e cittadino,
di essere pittore ed assessore. In questa esperienza per la prima volta legati. Il giudizio sul suo lavoro è comunque parzialmente condizionato dalla mia stima per l'uomo che non ùè sfuggito ad una pratica quotidiana di tenace coinvolgimento nell'essere artista e quindi anche espressione d'arte nel suo modo di interpretare la vita,
di sperimentare da subito l'estranietà della ricerca del bello e del vero rispetto ad altri fini o altre logiche. 

Al di là dei linguaggi e degli schemi. 
Al di là delle correnti di pensiero e delle ideologie.
Quindi questa mostra assume, ai miei occhi e nei miei intendimenti, una valenza simbolica rilevante, poichè offre alla nostra città una possibilità diversa che non un'esperienza squisitamente artistica e culturale, ma propone anche una visione più ampia sulle tematiche legate alla complessa vicenda / ricerca dell'ansia creativa e alle difficoltà nelle inevitabili declinazioni della stessa in un contesto sociale.
Sulla questione bisognerebbe discutere a lungo perchè parte imprescindibile di un pensiero di accrescimento collettivo di quel tessuto formativo ed espressivo di cui così tanto spesso sentiamo parlare.
Come, per esempio, sulle tante decantate occassioni da offrire ai giovani per cercare di impiegare un tempo non come passatempo, ma un tempo che diventi ricerca, analisi, obbiettivo e che quindi passi da uno stato di partecipazione passiva agli eventi, a quello più drammatico sicuramente e coinvolgente della manifestazione della propria sensibilità. Con tutte le lacerazioni e le violenze che questa fase inevitabilmente implica.
Anche nello schema espositivo della mostra, questa volta, vengono "importate" le metodologie di Mauro al quale
ho voluto lasciare carta bianca, per consentire la visione della sua opera trascritta nel linguagnon la semplice tela del pittore, ma il progetto vero e proprio percorso attraverso quadri, installazioni e oggetti che hanno il potere di evocare e di far riflettere. 

Hao avuto modo di visitare la sua casa studio ad Avezzano, dove oggi vive.
La mole di lavoro che produce e negli anni ha prodotto è impressionante.

Le forme stilistiche che ha voluto sperimentare, partendo da una base solida e strutturata, sono eterogenee
e affascinanti, non sono mai un rifugio comodo dallo studio delel forme e dei colori.

Le ho apprezzate perchè rappresentano una continua affermazione del lavoro e della critica in una mente che
è supportata da una manualità di grande livello e da una capacità rappresentativa "vera".

Così come ho apprezzato il suo amore e la conoscenza per l'opera degli altri a cui si riferisce spesso quando
deve citare ed esplicitare le sue soluzioni, o le fasi di permanenza del suo spirito indagatore.
Allo stesso tempo, sono abbstanza disgustato, per quanto questo possa interessare o essere importante, dalla presunzione di molti sedicenti artisti, che sorretti da una carica autoreferenziaso avvilenti della propria "opera"
senza nessun filtro critico.

In ossequio al principio che chiunque gode di una sua personale arte che può, anzi, deve essere tradotta in mostre o rappresentazioni.
Come se ciò rappresentasse una conquista di democrazia a favore degli emarginati del bello, e non una degenerazione della qualità e del lavoro, dell'impegno di chi dedica le sue ore e tutto il suo tempo alla ricerca e al conseguimento di una forma di rappresentazione del tempo contestuale attraverso l'arte.

Anche per questo motivo questa mostra non poteva essere più evitata, proprio per arginare il dilagare del cattivo gusto, della presunzione, dell'approssimazione che a Sora come in molte altre città ha molti rappresentanti.
L'invito ai nostri concittadini è quindi di visitare il nostro splendido museo, per penetrare con occhio fresco e ben disposto le opere di Mauro Rea, lavori che testimoniano per la prima volta nella nostra città un'arte diversa, come sono stati diversi gli anni che quell'arte hanno fatto maturare e che meritano, se non di essere celebrati, quanto meno testimoniati.

Bruno La Pietra ( Assessore alle politiche Cullturali del Comune di Sora)
dal cat. Mauro Rea, Le Matrici creative e le forme dell'Incompiuto a cura di Donato Di Poce.
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