Donato Di Poce - Il respiro Animale. Milano, Ottobre 2010.
Arravutamm o'munn
per Mauro Rea
La mano è la stessa
tracce di te
sono graffiti rupestri di Alta
sei l’uomo di allora che leviga la pietra
e incide il pensiero
sei questo e sei quello.
Animali anima/lì
protesa verso divinità assenti
colori
colori –segmenti- segni
emozioni, alfabeti che respirano
nell’esilio dei secoli racchiusi nel bozzolo.
Hai tolto la muffa
ridato alla luce la specie
consegnato al mondo il primo ululato
che ci sveglia nella notte più indifferente
abituati al fuoco
resta il graffio perenne dell’eco silenziosa.
anna lauria
Donato Di Poce Il respiro animale
“ Disobbedire, Sovvertire, Creare un Canone”
“L’Arte è invenzione Tutto il resto è mestiere”
Non si era ancora spento l’eco della sua mostra Antologica “Le matrici creative e le forme dell’incompiuto,
Sora Museo Civico, 2010” che Mauro Rea ci sorprende e incanta con i lavori recenti sugli animali,
che sono la naturale continuazione ed evoluzione della sua ricerca poli-materica e sperimentale,
giunta ormai a un suo stile autonomo e compiuto, e nel contempo la denuncia di una assoluta violenza in atto nella nostra società(con una provocatoria e allarmante quanto riflessiva regressione verso una nuova era preistorica, post-mediatica, pre-ecologica). Quasi volesse suggerire anzi gridare:”il mondo corre troppo, è violento, è marcio,si autodistrugge,io ridivento primitivo addirittura mi riapproprio del mio istinto e respiro animale”.
Eppure questi lavori, sono a mio avviso anche l’incipit selvaggio e puro di un nuovo rinascimento nell’uomo e nelle Arti. Rea lo esprime con una Nuova e autonoma cifra stilistica di una forza primordiale e assoluta, quasi pre -estetica e disumana. L’insieme dei lavori si caratterizza come un ossimoro estetico, (iconico/aniconico, uomo/animale, regressione primordiale/nuova civiltà, materia/simbolo).
L’artista cerca e trova una nuova umanità nel mondo animale,ma non in una ludica e commerciale estetica teriomorfa, ma in un respiro animale selvaggio, puro e primordiale dove le forze del bene e del male si combattono violente e minacciose con una forza simbolica e mitica, che conosciamo solo in artisti come Hermann Nitsch,
Anselm Kiefer e Valeriano Trubbiani e che bene esprime la forza e l’originalità stilistica di Mauro Rea.
Come un voler ricominciare e rifondare da capo una civiltà primitiva, preistorica, paleolitica,
Rea realizza non un circo barnum dell’arte o un moderno zoo per collezionisti, ma una sorta di Jurassik Park artistica, dipingendo animali terrificanti e predatori(Dinosauri, Triceratopi, Ittiosauri, Bifidi bicefali, Rinoceronti, Squali etc… ) che pure mantengono qualcosa di magico, di vero in un mondo fatto ormai di plastica, inondato da una marea nera sconfortante.E’ facile immaginare come l’artista giochi sull’analogia, anzi direi identificazione Uomo/Animale,ma in una nuova gerarchia ribaltata, che crea uno strano e affascinante Appeal animistico.
Certo lo spettatore pur colto, abituato ai cavalli neoclassici di De Chirico o quelli astratti/stilizzati di Marini all’inizio farà fatica ad entrare in questo cosmos animale selvaggio, ma è dai tempi dei Corvi di Van Gogh che non si assisteva a una partecipazione con la natura così forte, energica e vitale. Per ritrovare esempi di tale forza bisogna tornare indietro con la memoria alle faune pleistoceniche delle grotte di Lascaux, al Bisonte di Altamira o alle incisioni rupestri della Valcamonica(cui l’artista confessa nel suo scritto di poetica ”L’Orizzonte mi appare diverso dagli altri” di esserne rimasto fortemente colpito e suggestionato).
Rea si muove in questa geografia primordiale, in parte seguendo le riflessioni poetiche di Emilio Villa, in parte portandosi dietro il bagaglio tecnico e polimaterico di Burri, Tàpies e Rauschenberg (frequenti sono le abrasioni, gli strappi, gli inserti nell’opera di materiali, grumi di sangue/materia), in parte dando vita alle emozioni della visione (tracce, segni e odore) del macello di Lovere del 1990, come un neo cacciatore nomade nei territori della memoria e del desiderio.
Se Cavalli e Bovidi sono i soggetti centrali dell’era paleolitica, Dinosauri, Carnivori e Bifidi sono i soggetti centrali dei quadri di Mauro Rea, se rari sono le figure mostruose e fantastiche nell’era paleolitica, queste diventano il bestiario centrale dell’arte di Mauro Rea. Insomma se il canone dell’arte parietale è connesso ai riti della caccia e della magia, quello di Rea è collegato alla denuncia della violenza morale e fisica della società contemporanea di un ecosistema alla deriva e in preda all’autodistruzione.
Colpisce in questi lavori la presenza spesso doppia e tripla di serpenti bicefali che escono dal quadro e vi rientrano (neutralizzando e annullando il quadro come superficie trasformandolo in un piano d’azione estetica) e a volte la presenza/feticcio quasi sciamanica di piccoli cloni replicati sulla tela in un nesso tra arte e bìos, tra arte, corpo e vita. Mauro Rea nella vita di questi animali, nel vivente, vi si perde, si immerge completamente, vi si annienta, trascinando con sé il fruitore dell’opera, in un atto quasi brutale di identificazione che se pur brutale e viscerale, è capace di esprimere tutta la Kantiana “potenza vivificatrice” e sopravvivenza della specie dell’animale umano, dove l’animale è l’Avatar di un universo parallelo. La fisicità espressa da questi lavori sia a livello materico/stilistico che simbolico/estetico, si esprime all’ennesima po(e)tenza (un quasi neologismo tellurico/estetico e competenza poetica), nelle sculture in legno realizzate per l’occasione dove gli agenti perturbanti della materia prima sono il vento, l’acqua e il senso aptico/sciamanico dell’artista. Mauro estrae e restituisce letteralmente dalla natura, la natura trasfigurata, realizzando sculture e fossili primordiali di rara bellezza creando un nuovo canone stilistico primordiale e assoluto, contro la banalizzazione e il consumo di massa. Col suo operare Rea dimostra di obbedire a tre concetti Esemplarità(e arte come esperienza dell’alterità); Etica ( e utopia del respiro animale contro la separazione esistenziale tra emozione, pensiero azione);Sovversione(RE(A)GIRE…all’appiattimento e all’omologazione stilistica e culturale in atto, disobbedire, sovvertire, creare un canone).
I titoli di questi lavori sono importanti e suggestivi:a partire da “Ubu Roi” (che ricorda le figure sciamaniche e primitive della Valcamonica), a ”Il Drago”, ”La foresta” L’Agguato mortale” … che evocano scenari di lotta e rituali magici e rivelano subito un’estetica e un’idea di arte maturata dentro l’abisso della storia. All’assedio del presente, l’artista risponde con un corpo a corpo con la materia e la creazione di un mondo primordiale e selvaggio che sorprende e annichilisce, in una sorta di aggiornamento e rinnovamento del linguaggio stilistico, attraverso una provocatoria regressione geologica e culturale.
Mauro Rea a un certo punto della sua coscienza estetica ha deciso di non nascondersi più, di fare i conti con se stesso, le sue pulsioni istintive e le sue memorie ancestrali, realizzando opere che sono un unicum inscindibile con il suo vissuto spesso fuori dagli schemi, debordante , migratorio e clandestino.
Da questi lavori trasuda il dolore, la solitudine e l’angoscia vissuta in un tunnel di morte interiore, isolamento emozionale, marginalità sociale. E allora succede la magia che l’orrore diventa grazia e magia, la sofferenza diventa redenzione e rinascita e l’artista ci restituisce e ci fa riscoprire e amare il respiro animale.
Donato Di Poce - Milano, Ottobre, 2010.