Donato Di Poce - Le icone Pop di Mauro Rea
Donato Di Poce - Le “Icone POP” di Mauro Rea“La vita non è altro
Che la danza della bellezza
Sopra un abisso”.
Donato Di Poce
Mauro Rea - La sposa sos -pesa , materiali variu su tavola 2010 (prop. Tania Lorandi )
La Sposa schiacciata ( dalla serie BURKACAN) materiali di stada 2010
Il furore CreAttivo e sperimentale di Mauro Rea, non smette di stupire e di regalarci nuove sorprese e rivelAzioni, e questa raccolta di piccoli capolavori (perlopiù polimaterici su legno di circa 20x 40), vere e proprie “Icone POP” finalmente in mostra, ne sono la testimonianza.
In realtà si tratta di sedimentazioni e accumulazioni carsiche che nel tempo Rea ha sapientemente elaborato e accumulato come un alfabeto iconico raccolto dalla strada(lattine di Coca Cola schiacciate e sapientemente e Duchampianamente decontestualizzate), per diventare matrice e logos di una rinascita materica ed estetica.
Chiariamo subito che l’utilizzo del banale quotidiano che opera Rea non è da ricondurre alla serialità filosofica e concettuale dei Brillo Box di Warhol, semmai allo stordimento esistenziale di Baquiat e alle contaminazioni ludiche di Haring.
E qui si evidenzia con forza e leggerezza, turbamento e grazia poetica, questo precoce maestro neo-futurista, neodada, neo-pop e patafisico che è Mauro Rea, con tutta la forza eversiva e sovversiva, lavica e incantatoria di un outsider che sceglie di rimanere libero e non inglobato dal sistema dell’Arte, come un ragazzo pasoliniano che ha attraversato tutti gli alfabeti dell’avanguardia, ma che rimane incantato dalla forza lavica della materia di Burri(plastiche bruciate), Mastroianni(cartoni polimaterici), Raushenberg(Assemblage oggettuale), Spoerri(etnosincretismi), Baj(eresia ludica e patafisica dei generali).
Ma l’originalità di Rea, che ne fa anche la sua unicità e grandezza nel panorama artistico contemporaneo è la sua capacità di contaminare la materia con le sue visioni interiori, con il suo vissuto esistenziale e la sua tecnica artigianale sapientemente appresa da ragazzo dai maestri carnevaleschi ciociari. Infatti Rea ha travasato le suggestioni dei suoi idoli ed eroi di cartapesta, nelle attuali icone pop, che trasudano redenzione ed estasi, implosioni oniriche e colate emozionali, di grande valenza emotiva, votiva diremmo anzi Pasolinianamente “la religione della materia” e “la scarnificazione dello spirito”.
In questi lavori infatti trasuda il vissuto, che attraverso il medium dell’artista, diventa un vissuto antropologico, un vissuto simbolico e un vissuto poetico-esistenziale, in cui l’ossimoro colpa/materia e redenzione/spirito creativo trasforma il vissuto sociale in vissuto etico, in preghiera laica neo bizantina.
La maestria di Rea e della sua ancora una volta Pasoliniana, “disperata vitalità” riesce a raccogliere in preghiera artistica, le devastAzioni neo futuriste e le contaminazioni ludiche Patafisiche, riesce a raccogliere e assemblare un Caos CreAttivo, dove il passaggio dell’uomo e della storia, lascia i segni sulla materia e sulle cose operando una vera redenzione del caso. Da qui la sua texture segnica, tematica e materica che schiaccia sensi e dissensi, in un nuovo alfabeto di minotauri, uccelli primordiali, pesci cannibali, upupe montaliane e personaggi dall’anima robotica, costellazioni antropomorfe e galassie aniconiche.
Con questi lavori, Rea supera di getto persino la poetica del Nouveaux Realisme, manipolando e trasfigurando la realtà, facendone non oggetti d’adorazione e idolatria da sacra sindone, ma opera vissuta e plasmata, attraversata dal respiro dell’uomo, restituendole anima e senso d’assoluto e di eterno. Tutto in Rea sembra dirci ”L’arte non muore mai, come la materia è in perenne trasformAzione, e l’Azione CreAttiva dell’uomo è la traccia e la storia del Genio Umano, respiro e seme di Umanità”.
E ancora una volta torna in mente la Pasoliniana “sineciosi della diaspora” che Mauro Rea, da Apostolo ed esegeta della liberazione mette in atto. Le ricomposizioni degli strappi e delle cancellazioni, delle diaspore e delle violenze, sono il suo modus operandi. E queste operazioni da Street Art Bizantina, in un continuo rovesciamento di standard estetici, un continuo saccheggiamento e reinvenzione del canone lo collocano tra i grandi della nostra arte contemporanea, tra i protagonisti assoluti e solitari(come Emilio Villa) del nostro rinnovamento artistico e umano, esistenziale e poetico, un grande esempio di sapienza e resilienza estetica.
Mauro Rea è un esempio di CreAttività sciamanica, che al fare artistico ( il fare è un altro degli atti di fede del nostro artista) demanda sempre un implicito doppio messaggio. Uno Estetico –sociologico, di empatia emozionale, l’altro subliminale di segrete alchimie materiche. I suoi lavori ci parlano di un vissuto deturpato e di un altrove disabitato, e di un orizzonte del possibile salvifico e primordiale. La materia è schiacciata eppure redentrice di senso, che va oltre il suo valore d’uso(e abuso), verso territori di valore di scambio, di rinascita e di rinnovamento, in cui la materia è il “verbum” e l’azione artistica il “sillabarium” desiderante e salvifico. Il messaggio ultimo di Rea, (il suo rinnovato grido esistenziale) sembra essere:
” La materia non muore mai
La vita non muore mai
Subisce solo continui scambi di senso
Intervalli di vitalità
E allarga ogni volta
I nostri orizzonti
Dilata ogni volta i confini
Non siamo altro che materia
Provvisorie soluzioni
Temporanee verità.
La vita non è altro
Che la danza della bellezza
Sopra un abisso”.
Milano, 27/8/2014
Donato Di Poce