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Elio Mercuri : Trame perdute

 Delle giovani generazioni di artisti, Mauro Rea non ha seguito il passaggio a soluzioni poetiche diverse in qul ritmo ossessivo di invasioni dell'ideologia e delle etichette.       
E' difficile collocarlo all'esterno in un arco di esperienze che in questi ultimi anni si è consumato tra
neo - manierismo e post - avanguardia: HA CON COERENZA E STRAORDIINARIA ENERGIA CREATIVA PORTATO AVANTI IL SUO DISCORSO, tutt'uno con la sua "realtà", che nel travaglio del nostro e nella crisi di identità ha disperatamente cercato di incarnare la presenza dell'"anima", l'ansia di ritrovare le ragioni dell'origini il punto di contatto tra l'esistenza, nelle sue occassioni ed eventi, e l'essere nella sua struttura assoluta non nelle differenze  ma nell'unità, in quel sogno, che vuole essere vita, di comunicare con il tutto, di sentirsi da dentro nascere la creazione del mondo.

La sua pittura è evocazione e memoria: evocazione di quel "tempo" interminabile, del paesaggio dell'origine, dell'atto con cui ha avuto inizio la vita e il cielo infinito del cosmo, nel cui orizzonte anche noi siamo; è memoria, dentro, di archetipi che quell'orizzonte delineano, di quello "stato", nel ricongiungimento con la sua presenza.
 

I suoi quadri, i cui riferimenti sono alle visioni di Max Ernst, senza più di quelli il richiamo nei "frottages" della dimensione di realtà trasfigurata nel sogno, assoluti  e brucianti, nel trionfo incontaminato della luce; e ancora ai percorsi inconsci di Pollock, al suoi dramma di "perdersi" come in Mastro Eckart, nell'estasi, come sè, come corpo, come materia per "ritrovarsi" al di là del mistero della vita e della MORTE, oltre ogni possibile nascita ed  oltre ogni necessaria MORTE. Ma queste esperienze nascono in Mauro Rea, non per aderenza ad una moda o SEDUZIONE di una grande avventura dell'arte, ma per "affinità" elettive; per istinto che porta inesorabilmente a cercare in un senso, in quanto impatto con l'altra parte della realtà, nell'aspirazione profonda alla "verità", di tutto di ogni infratesimale frammento; allora la venatura di una foglia, il riverbero di sole su un muro, l'emozione trafitta su uno sguardo diventano "spie", tracce da fermare, luogo di un'azione, che è dramma nel senso antico dei Greci.
 

Ogni quadro di Mauro Rea vive questa realtà di rivelazione, di sguardo in sguardo che svela il segreto nascosto, fino a toccare di meamorfosi in metamorfosi, la FORMA che deve venire, il senso di un assoluto, l'emozione della strutura primaria, del tempo dell'origine, della Natura Grande Madre in un perenne atto d'amore.

La pittura è amore per Rea, partecipe di questo atto sacro che colloca, perfino il bruciore di una ferita alla luce edell'essere; è per questo trama, che si riscopre tra il corpo e l'anima e il cosmo, vera, se è vera in ogni frammento, viva in ogni emozione, segno di Fato e non semplice caduta nel tempo della morte.
 

Per questo i suoi colori TRAPASSANO in atmosfere, in aria di luce di CREPUSCOLI ed albe così come si dilatano in cieli e prati di primavera, perfino sui muri delle città, sulle pareti della stanza, sulla tela per forza di naturale espansione dello sguardo; lo sguardo del Terzo Occhio, che rende visibile ciò che di solito non lo è, l'invisibile dell'Archetipo e della Totalità.

Senza volerlo Rea con la forza dell'istinto, di un'energia che affiora da luoghi dimenticati di noi, opera nel senso della cultura più viva del nostro tempo, in quella linea che da Jung a Hillman ci porta a comunicare col ritmo eterno che ci attraversa e ci muove; è rivelazione dell'Essere anche nelle zone d'ombra, le ferite dell'esistenza.

La sua è pittura archetipale nell'aderenza a quest'amore segreto, a questa emozione irriducibile che apre alla percezione di valori assoluti e di ragioni eterne, a questo ritmo che rivela le "trame perdute", il luogo dimenticato, e con loro la nostra stessa essenza.
 

Non procede per calcoli e pensieri, la pittura di Rea, è atto che continua in ogni quadro, tra Cadute e Riscatti, in una sua INCONFONDIBILE dimensione.

Per questo, come per Pollock, vuole essere vista nella sua continuità, come linea di orizzonte, come luce, che trasfigura le "note", ogni immagine del reale, in sogno, visione che ricostruisce in ogni frammento, perfino, il tessuto CONNETTIVO, la "TRAMA", che colloca "uno", l'esistenza, nell'infinito l'Essere, come azione, dramma che continua, dell'esito della sua pittura, "figura" dell'Archetipo e sacra presenza dell'origine.
 

E' la ragione dell'effetto, dell'esito della sua pittura, questo STRUGGIMENTO di tenerezza ed emozione che fa vibrare dentro di noi, oltre il pianto del dolore il canto della liberazione, o almeno la speranza della felicità.

Luce che svela e dalla quale è segnata la vita della TRASFIGURAZIONE.
 

ELIO MERCURI

Roma, settembre 1989

 
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